Età antica
Già nel II millennio a.C., i Cretesi, insediati nell’area dove sorge l’odierna Cattolica Eraclea, risalivano il fiume Halykos per recarsi ad un’antica e ricca salina, poi denominata Salina Chiancana. La salina ha richiamato, nel corso dei secoli, cretesi, greci, romani e arabi, che oltre a commerciare con i mercanti di salgemma crearono una certa rete di interscambio culturale tra la costa e le popolazioni residenti nell’entroterra. Senza dubbio si ebbe lo stesso effetto con la successiva scoperta delle miniere di zolfo, che attirò mercanti da tutta la Sicilia.
Una rilevante testimonianza ci è data da Erodoto, storico greco, che, nel V secolo a.C. parla di un avamposto punico in un’area compresa tra i territori delle odierne città di Cianciana e di Sant’Angelo Muxaro.
In seguito, in epoca romana, nella contrada Ciancianìa probabilmente sorgeva una villa, o massa, denominata Massa Cinciana che si pensa sia fatta stata costruire dal patrizio romano Lucio Cincio Alimento, pretore in Sicilia nell’anno 210 a.C.
La certezza dell’esistenza della villa romana si ha da una lettera che papa Gregorio Magno spedì nel 591 al rettore suddiacono Pietro, soprintendente ai beni della Chiesa di Roma in Sicilia. In questa lettera si parlava di una continentia (la pensione) da dare al mercante Liberati, protetto della Chiesa, che abitava nella Massa Cinciana, all’epoca tra i possedimenti della Magna Regia Curia.
In uno stralcio della lettera si legge:
«Liberato negotiatori, qui se ecclesiae commendanuit, qui habitat in massa Cinciana, annuam continentiam a te uolumus fieri. Cuius continentiae summam ipse aestima qualis esse debeat, ut renuntiata nobis in tuis possit rationibus imputari. De presenti uero indictione iam a filio nostro Seruo-dei iacono percepit».
Si può ragionevolmente supporre, sulla base dei ritrovamenti e almeno fin quando non sarà effettuato una ricerca archeologica di taglio rigorosamente scientifico, che l’ultimo attacco, probabilmente sferrato dagli Arabi, portò gli abitanti della Massa ad abbandonare il sito.
A partire dal IX secolo, infatti, la Sicilia conobbe la dominazione araba e nelle terre ciancianesi sorse Kalatt-Iblatanu, di cui si hanno solo poche e incerte notizie.
Età medievale
L’insediamento arabo di Kalatt-Iblatanu fu distrutto da Federico II perché gli abitanti saraceni si rifiutarono di prestargli giuramento di fedeltà dopo che lo stesso aveva esteso i propri domini su quelle terre.
Nell’XI secolo il feudo Chincana faceva parte del contado di Cammarata. Nel 1305 Federico II d’Aragona confermò la concessione del latifondo Chincana, ove esisteva il Casale Chincana, dal contado di Cammarata fatta da Federico d’Antiochia e Macalda, sua moglie, a Bartolomeo da Brindisi, medico del re. Nel 1320 il casale è ancora attestato. Durante la grave crisi demografica, che colpì la Sicilia tra il XIV e il XV secolo, il Casale Chincana sparì, così come tanti altri centri abitati dell’isola.
Nelle investiture feudali della baronia di Chincana a partire dal 1396 e fino al 1584 si parla soltanto del feudo di Chincana o Ciancianìa.
Età moderna
Tra le poche notizie, si sa che nel 1554 la baronia di Cianciana era suffragera della Ducea di Bivona, in quanto nullius terrotori.
Nell’anno 1583 Girolamo II Ficarra acquistò il feudo Ciancianìa dalla casa Lanza e si investì di sette aratate di terre di pertinenza del feudo.
Nel 1646 Diego Joppolo, comprò la Baronia di Cianciana e sette aratate di terra appartenenti al feudo. Lo stesso, nel 1666, ricevette, dal Re Filippo II, il titolo di Duca di Sant’Antonino sulla Baronia di Cianciana, per sé e i suoi eredi e successori, con ordine di primogenitura. Ma la fondazione vera e propria di un nucleo abitato, Sant’Antonino di Cianciana, risale al 4 ottobre del 1646, anno in cui donna Sigismonda D’Honofrio, moglie di Diego Joppolo, dietro pagamento di 200 onze alla corte, ottenne per il primogenito Antonio Giuseppe, potestà di fabbricare e popolare nel feudo di Cianciana e nei sette aratati di terre confinanti con facoltà di far castello e fortezza e con la elezione di officiali. Il nome Sant’Antonino fu dato a causa della profonda devozione di Antonio Giuseppe verso il Santo Protettore di Padova.
All’epoca della fondazione Sant’Antonino era inizialmente composto dal feudo di Ciancianìa e Feudotto, con un’estensione complessiva di 1517 ettari, 43 are e 78 centiari.
Il 10 ottobre del 1649 nacque il primo ciancianese, Diego Valenti, chiamato così in onore di Don Diego Joppolo. Dall’archivio parrocchiale, oltre a possedre la lista dei defunti (dal 1653), la lista dei battezzati (dal 1651) e quella dei matrimoni (dal 1691), scopriamo che le famiglie che per prime abitarono Sant’Antonino furono: Augello, Celona, Viola, Martorana, Comparetto, Antinoro, Guida, Alfano, Marino, Cicero, Coffaro, Pendino, Conti, Bellanca, Cinquemani, Pecoraro, Mandracchia e una serie di altre famiglie che oggi si sono estinte.
Dal censimento del 1653 riportato dal Garufi risulta che alla voce Sant’Antonino di Cianciana non corrispondono dati relativi alla popolazione residente. Le prime abitazioni sono ad ogni modo del 1647, anche se la Chiesa Madre fu iniziata a costruire nel 1640, come si può leggere in un medaglione posto sopra la porta della navata centrale.
Il 27 aprile del 1687, Antonio Giuseppe ottenne il titolo di Principe sopra il Castello di Sant’Antonino.
Col censimento del 1714 già si contavano 696 fuochi e 2300 anime. Già nel Settecento, dell’antica dominazione di Sant’Antonio di Cianciana, rimase solo Cianciana. Il 28 febbraio del 1769, a causa della mancanza di eredi alla morte di Pietro Joppolo, Sant’Antonino passa ad Agesilao Bonanno, suo cugino. Si narra che egli, residente a Palermo, probabilmente non si recò mai a Cianciana e governò tramite amministratori. La figlia di Agesilao Bonanno, unica erede, sposò Giovanni Gioeni, Duca D’Angiò; e così il podere passò alla famiglia Gioeni con Agesilao Gioeni, figlio di Giovanni, che prese l’investitura del Principato di Cianciana il 30 aprile del 1810.
Età contemporanea
Nel 1812, con l’abolizione della feudalità, Cianciana divenne un Comune libero. Ai territori di Cianciana viene incorporato il feudo di Bissana, nullius terrotorii, che raggiunsero un’estensione complessiva di 3.700 ettari, 53 are e 67 centiari. La scomparsa del potere feudale, anche a Cianciana, favorì la nascita della borghesia agraria. La popolazione ciancianese, nel 1837 e poi nel 1867, fu colpita dal colera, una grave malattia infettiva che colpisce l’intestino, che uccise più di 200 persone.
Nella prima metà dell’Ottocento un’importante scoperta sconvolse la vita dei ciancianesi dando una diversa impronta al paese che da agricolo divenne anche industriale. Infatti lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo rivoluzionò l’assetto economico e sociale dei ciancianesi, determinando un notevole impulso demografico. Nel settore agricolo vi fu una regressione, poiché molti abbandonarono le loro terre per lavorare nelle miniere. Ma ben presto la vita degli zolfatai si rivelo molto dura e piena di problemi. Le lunghissime giornate lavorative a 200 metri di profondità, le esalazioni di gas nocivi, la polvere e l’umidità misero ben presto in evidenza tutti gli aspetti negativi della vita di minatore. A questi inconvenienti si aggiunsero i crolli e gli smottamenti che portarono lutti e tragedie un po’ in tutte le famiglie ciancianesi.
Nel 1839 erano presenti nove miniere: Falconara, Cappadona, Tamburello, Polizzi, Guida, Mormino, Savarini, Balata e Cinié. Le miniere vennero riattivate dalla compagnia inglese Morrison-Seager&Co., che aprirono una succursale ma lasciarono, di fatto, le miniere in totale abbandono. Presto le cedettero all’imprenditore di Casteltermini, Vincenzo Di Giovanni, immigrato nel 1843, che favorì una grande esplosione economica. Da allora Cianciana è stata identificata con lo zolfo, che ha richiamato in paese migliaia di minatori da tutta la Sicilia. Sorsero poi altre ditte di estrazione; le zone di sfruttamento erano essenzialmente due, quella a Nord-Est, con le miniere Falconara e Passarello, e quella Nord-Ovest, con Savarini e Passo di Sciacca. Uno sfruttamento irrazionale con il mancato miglioramento dei processi estrattivi, non permise un’evoluzione, e l’industria dello zolfo a Cianciana rimase allo stadio rudimentale.
Il benessere raggiunto dalla borghesia trasformò il paese, che vide istituite nel 1861 le scuole elementari maschili; nel 1863 la stazione dei carabinieri, nel1869 l’ufficio postale e nel 1870 la sezione serale femminile delle scuole elementari. Però le tristi condizioni di vita e di lavoro in zolfara indussero i lavoratori a numerosi scioperi e a organizzarsi nel Fascio dei Lavoratori nel 1893. L’ultimo sciopero si verificò nel 1953 con l’occupazione delle miniere di zolfo da parte dei minatori che reclamavano i loro diritti e l’aumento del salario. Il lungo sciopero ebbe successo, ma a poco a poco fino al 1962 (data di chiusura dell’ultima miniera) le miniere furono chiuse e i minatori, spinti dal bisogno, cercarono miglior fortuna nell’Italia del nord, Francia, Belgio, Inghilterra, Germania e Canada.
Nel 1901, grazie all’attivo amministratore Cav.Don Alfonso Montuoro, Cianciana fu rifornita di acqua potabile dalla sorgente Voltano per mezzo di una conduttura consorziata con il comune di Alessandria della Rocca. Nel 1918 una grave pandemia, la spagnola, colpì molte famiglie ciancianesi causando 377 vittime.
Fonte: Wikipedia